Visto da molti come ambiente ludico o poco più, il metaverse vanta al contrario spendibilità e versatilità insospettabili agli occhi di chi lo osserva con approccio superficiale. L’opinione pubblica sembra essersene accorta, nonostante le posizione di poco fortunati detrattori dell’ultim’ora.
A rivelarlo i numeri che scaturiscono da un recente rapporto a cura di KPMG, multinazionale della revisione e consulenza fiscale, e realtà che torna con una certa costanza sulle nostre pagine. Riportiamo l’analisi di una società che prima e meglio di altre ha saputo investire nel metaverse come strumento professionale a uso e consumo di clienti, dipendenti e partner.
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Casi d’uso e impatto sociale
L’indagine condotta da KPMG che riportiamo di seguito insiste su territorio americano, con i dati a stelle e strisce che però possono essere interpretati, in prospettiva, su più larga scala. E il quadro che scaturisce circa lo status quo del metaverse nel suo impatto sociale è interessante.
Il 78% del campione ritiene il mezzo utile per connettersi con parenti e amici, mentre il 76% ne riconosce le potenzialità didattiche da spendere in ambiente scolastico e professionale. Il 66% lo ritiene un mezzo più coinvolgente dei social network, che peraltro stanno investendo molto in tale direzione, e che non abbia da invidiare nulla a questi ultimi in termini di utilità.
Quasi 6 americani su 10 pensano che il metaverse possa avere un impatto positivo su economia e società, nonostante la visione a tratti catastrofista di TIME, e, udite udite, il 91% di chi è entrato in un metaverse lo ha fatto per motivi professionali. Corsi di formazione e riunioni scolastiche incidono per il 96%, dei casi d’uso, le riunioni di lavoro per un 82%, seguono le lezioni in classi virtuali e riunioni politiche, ferme si fa per dire a quota 72 e 71%.
Tra i dati snocciolati da KPMG, che ricordiamo essere una delle prime aziende a puntare tutto sull’utilizzo professionale di questa tecnologia, figurano quelli relativi alle esperienze virtuali, per le quali gli americani mostrano una certa predilezione.
Gli incontri virtuali dedicati allo shopping sono risultati in cima alle preferenze degli intevistati nel 67% dei casi, seguiti dal telelavoro on chain nella misura del 65%, mentre il 51% del campione afferma di aver visitato più di una $LAND per avviare attività di business. Interessante il 71% che arriva da quanti hanno mandato il loro avatar alla ricerca di soluzioni a problemi di salute. Evidentemente l’ospedale su metaverse negli Emirati non è poi questa gran follia.
Le preoccupazioni
Abbiamo citato volutamente la regione che forse più di altre sta investendo in questa tecnologia, con Dubai Metaverse Strategy a fare da capofila. Si è vero, stiamo parlando di Paesi in condizioni economiche invidiabili persino dai quasi floridi Stati Uniti, ma l’esempio dovrebbe servire a convincere gli scettici a oltranza.
A cui in ogni caso dedichiamo qualche numero che troveranno di sicuro interesse: Il 79% degli intervistati è preoccupato per la privacy, mentre tra i più giovani la preoccupazione principale (42%) riguarda la personalizzazione del proprio avatar. So’ problemi.
Un americano su tre si preoccupa dell’accessibilità da parte di persone disabili, segno che circa il 30% degli intervistati ragiona, mentre il 40% tra millennials e generazione X non riposa pensando su come rendere il metaverse un luogo economicamente più accessibile.
La realtà dei fatti
Dati snocciolati tra i principali, una sintesi del più esteso lavoro di KPMG a cui vanno i nostri ringraziamenti per averci permesso di fornire un quadro generale sul sentiment, prendendo in prestito un termine caro a DeFi e finanza tradizionale, sulla percezione di tale tecnologia da parte dei nostri contemporanei americani.
Percezione che non facciamo fatica a immaginare condivisa nel resto del mondo, dati gli ingenti investimenti che registriamo ad opera di imprese sparse nei quattro angoli del pianeta.
Per non parlare di entità lontane dal crypto gaming o con intenzioni decisamente poco ludiche, istituti bancari in primis, a cui dobbiamo aggiungere, e poi ci fermiamo, gli esempi che ci arrivano da università e comunità scientifica: ancora convinti che il metaverse sia un giochino per adulti diversamente cresciuti?