Una giornata frizzante ieri, anche se principalmente dietro le quinte, per le maggiori economie mondiali. Da un lato l’incontro a porte chiuse dei papaveri di Federal Reserve, dall’altro una sorta di allentamento in Australia delle politiche restrittive in termini di interessi e una curiosa invasione di campo delle Nazioni Unite. Giornate come non se ne vedevano da tempo, che però hanno fatto almeno sul breve bene al mondo delle cripto e di Bitcoin.
Bitcoin che apre la giornata avvicinandosi alla soglia psicologica dei 20.000$ trascinandosi dietro buona parte del mondo cripto. Il tutto in una situazione che continua ad essere molto particolare per tutto il mondo cripto.
Situazione all’interno della quale è comunque possibile investire con gli strumenti adatti. La piattaforma sicura eToro – vai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con il meglio delle FUNZIONI PREMIUM per il trading (anche AUTOMATICO) – intermediario che ci permette di approcciarci alle 78+ migliori cripto che sono state già incluse a listino, con strumenti che non hanno nulla da invidiare a quelli di livello professionale.
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To pivot or not to pivot: questo è il dilemma
I più fantasiosi e ottimisti parlano ormai da qualche settimana di possibilità di pivot da parte di Federal Reserve, ovvero che la banca centrale più importante del mondo torni sui suoi passi date le pessime condizioni in cui versa l’economia mondiale. Economia mondiale che non sembrerebbe essere in grado di sopportare ulteriori irrigidimenti dei tassi di interesse. Una situazione molto particolare, alla quale si sono aggiunti nella giornata di ieri ulteriori elementi e ulteriori dettagli che sono carburante per questi “sogni” di ritorno a condizioni più favorevoli per i mercati finanziari.
Ottimismo ingiustificato oppure segno che qualcosa si sta rompendo? In realtà la discussione è di quelle complesse, perché in un’economia trasversalmente integrata come quella odierna, è difficile trovare il bandolo della matassa.
- Scende in campo l’ONU
Che in modo piuttosto inusuale ha invitato le principali banche centrali a non alzare i tassi in modo troppo repentino e a tenere conto dello sconquasso che tali manovre stanno causando, in particolare a danno dei paesi emergenti e/o in via di sviluppo.
Qualcosa di irrituale, che però segnala come stia iniziando a serpeggiare un sentimento “nuovo”, se vogliamo. Ovvero che sia meglio beccarsi anche un decennio di inflazione alta piuttosto che strozzare i paesi più poveri e poi a catena anche i paesi più ricchi. È una buona idea? Difficile valutarlo adesso. Da Fed sono stati chiari in precedenza a riguardo: i rischi di un’inflazione sostenuta, che diventa embedded nell’economia sono molto più alti della distruzione economica che le politiche della Reserve può innescare. Almeno negli USA.
- Australia con il freno a mano
Ieri la Banca Centrale Australiana ha alzato i tassi di soli 25 punti base, mentre tutti o quasi si aspettavano un rialzo di 50 punti base. Il tutto mentre non sembra ci sia sostanza dietro il rallentamento presunto dell’inflazione. Sarebbe un altro segnale dell’ondata pivot che sarebbe pronta a conquistare cuori e cervelli delle principali banche centrali. E della quale Bitcoin potrebbe sicuramente avvantaggiarsi.
- Il meeting a porte chiuse di Fed
Per diversi altro segnale che qualcosa si è rotto e che Federal Reserve potrebbe tirare forse non il freno a mano, ma comunque guidare verso i rialzi con maggiore calma. Lo scopriremo però, in questo caso, solo vivendo, dato che non è chiaro per il momento quale sarà la direzione presa da Fed nei prossimi incontri del FOMC. A parlare, secondo i più saggi, saranno ancora i dati.
Bitcoin alla prova di una crisi di liquidità
Per Bitcoin il 2022 sarà l’anno di tante prime volte. La prima volta in un bear market generalizzato, e la prima volta in una crisi di liquidità che per molti ricorda da vicino il caso Lehman del 2008 e il conseguente crollo del sistema bancario internazionale, salvato per un pelo dall’intervento pubblico.
Della situazione di Credit Suisse abbiamo già parlato, mentre ci sarà da valutare quante altre banche siano nelle medesime condizioni e in quante rischino effettivamente il default se la liquidità dovesse continuare a ritirarsi a questi ritmi.
È vero anche però che le banche centrali si trovano a muoversi all’interno di uno spazio molto stretto: l’inflazione va combattuta e riportata a livelli più tollerabili, i debiti pubblici ingrossati anche dalla crisi dovuta al COVID, la guerra in Ucraina e tante altre problematiche che rendono il muoversi con tassi e balance sheet molto complicato.
Bitcoin però almeno per il momento sta tenendo, dimostrando una straordinaria forza anche rispetto ai mercati azionari, cosa che in molti aspettavano da tempo e che potrebbe essere, ancora una volta secondo i più ottimisti, segno della possibile rinascita una volta che saranno tornate condizioni di mercato più tollerabili per la finanza.
La verità è che siamo davanti ad una crisi molto complessa, che sarà difficile sbrigliare sul breve
La verità è che non esiste il silver bullet, il proiettile d’argento che risolve una volta per tutte la questione. Ci sarà da lavorare di fino, superare tanti problemi, probabilmente ripartire dopo una recessione e vedere quale sarà il nuovo mondo che ne uscirà.
Senza allarmismi e senza alcun tipo di catastrofismo, per quanto siano in molti (e correttamente) ad aspettarsi momenti duri per l’economia, in particolare quella europea. E per Bitcoin sarà un po’ la prova del nove: sarà in grado di dimostrarsi super-asset? Oppure rimarrà un asset di rischio che opera come una sorta di indice azionario a leva?
Questioni che non possono essere chiuse su queste pagine e per le cui risposte dovremo continuare a studiare quanto avviene sui mercati. Con la possibilità concreta che per evitare di rompere il mondo, gli USA possano farsi carico di manovre più leggere di rialzo dei tassi e di rientro dall’inflazione. L’unica certezza è che oggi nessuno vorrebbe essere nei panni di Jerome Powell, che si trova in questa intersezione mentre si avvicinano le elezioni di midterm negli USA e dunque salgono le pressioni politiche.