Ignazio Visco di Bankitalia torna a parlare di cripto e lo fa all’interno del congresso ASSIOM FOREX. Un piccolo quadro della situazione, questa volta non condito da attacchi verso il settore e da opinioni di colui che riveste il ruolo di governatore della nostra Banca Centrale. Le notizie sono poche, ma interessanti. Secondo i dati di cui sarebbe in possesso infatti Bankitalia soltanto il 2% circa degli italiani avrebbero in portafoglio criptovalute.
E sarebbe altrettanto modesta l’esposizione degli intermediari classici italiani verso questo tipo di attività. Segno che il settore, da Bitcoin alle cripto classiche non avrebbe poi granché preso piede in Italia. Oppure che ci sia ancora, questo un altro angolo possibile, tanto su cui lavorare per diffondere questi strumenti.
Una crescita che forse arriverà durante il prossimo ciclo? Chissà. Nel frattempo tanti operatori internazionali offrono accesso al mercato cripto anche agli italiani. Come eToro – vai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con 100.000$ di capitale di prova – per un intermediario che permette di accedere tanto ai mercati classici, quanto invece ai mercati cripto e Bitcoin. Al suo interno abbiamo anche accesso al CopyTrader per copiare i più bravi, oppure ancora agli Smart Portfolios se dovessi preferire investimenti in paniere.
I dati di Bankitalia sulle cripto e Bitcoin per gli italiani
Il lungo intervento di Ignazio Visco è raccolto qui in inglese e in realtà tocca soltanto marginalmente il mondo di Bitcoin e delle criptovalute. Ci sono dei passaggi però che interesseranno tanto gli investitori quanto gli appassionati di questo settore.
Lo scorso anno una volatilità in rialzo e le conseguenti tensioni hanno colpito i mercati dei cripto-asset in modo particolarmente duro. La capitalizzazione totale di questi asset è scesa rapidamente da 2.400 miliardi fino a 800. Sia la riduzione dell’esposizione degli istituzionali a questi strumenti molto rischiosi, sia le bancarotte di alcuni dei principali partecipanti al mercato, a causa di serie mancanze in termini di gestione del rischio, hanno contribuito a questa situazione.
Un quadro generico e comunque condivisibile, perché questo è di fatto quanto avvenuto sul mercato. Ci sono poi altri dati interessanti.
Secondo le nostre indagini, soltanto una piccola parte delle famiglie italiane, stimato intorno al 2%, detiene tali strumenti, in quantità modeste insedia. L’esposizione degli intermediari italiani è altrettanto limitata.
Per poi tornare su quanto ha già detto altrove, ovvero sui rischi dei cripto-asset e sulla secessità di regolamentazioni e controlli che possano prevenire lo sviluppo incontrollato di questo settore.
E chiama a gran voce anche delle distinzioni tra strumenti rischiosi e servizi che dirotterebbero risorse dalle attività produttive e dal benessere collettivo verso cripto asset senza valore intrinseco, e quelli che possono essere invece di beneficio tangibile all’economia.
Niente di nuovo dunque sulle posizioni di Ignazio Visco, notoriamente non un fan del settore, che ne approfitta di nuovo per lanciare qualche frecciatina ad un settore che – almeno a leggere quanto afferma, vorrebbe veder sparire.
Il lungo richiamo alle tecnologie DLT
Per un passaggio sperimentale che Bankitalia sta guidando anche per limitare i rischi delle banche private. Le call per i progetti sono state già fatte tempo fa, e 81 partecipanti avrebbero invito 56 diversi progetti che la banca centrale starebbe vagliando.
E nel frattempo l’intero sistema bancario italiano si starebbe preparando anche al MiCAR – qui il nostro speciale sul tema – il complesso di regole europee che dovrebbe portare ordine, dicono, nel settore.
Dubito il dato numerico sia attendibile e mi piacerebbe vedere il metodo utilizzato (giusto per ridere), tuttavia penso sia attendibile in generale che la penetrazione sia bassa: l’italiano medio è ancora fermo al Ponzi, alla catena di Sant’Antonio, al “si arricchiscono sempre i soliti” (boh) ecc ecc a giudicare dal commento medio sui social, anche se negli ultimi anni la percentuale di commenti più informata è drasticamente aumentata.
La cosa non sorprende: siamo da sempre un po’ il Paese zimbello da un punto di vista della cultura tecnica media (con ovviamente punte di eccellenza che però in larga parte vanno giustamente via). Basta vedere il clamore e le vaccate immense che vengono scritte ad ogni attacco ransomware su sistemi colabrodo che non installano patch disponibili da anni, come l’ultimo di questi giorni. Totale imbarazzo.
Verissimo.
Nemmeno io credo al dato, ma nemmeno un pochino.
Comunque ai piani alti leggono criptovaluta.it, si stava chiacchierando di questo qualche giorno fa.
Porgo i miei più cordiali saluti agli altissimi!
🖕
mi pare attendibile invece. tolti i millennials che si giocano la paghetta attaccati 24/7 al cell, di gente che investa una parte dei propri risparmi in cripto, dirottandoli da borsa e titoli di stato o immobili, non ne vedo proprio.
Sono curioso soprattutto di vedere cosa si inventeranno per “strongly discourage” gli assets “senza intrinsic value”: non è così facile scoraggiare l’uso dell’euro, anche se il tentativo sarebbe apprezzabile.