Si è chiuso un Bitcoin 2023 che è stato forse il più politico di sempre, dato l’avvicinarsi delle presidenziali USA e, cosa più importante per ora, delle primarie che selezioneranno i candidati. Ce ne sono stati addirittura due questa volta – uno di parte democratica uno di parte repubblicana e entrambi hanno giurato fedeltà e amore a Bitcoin.
Ma quante chance hanno di guadagnarsi il palcoscenico negli USA? Anche se siamo ancora lontani dalle votazioni, i sondaggi hanno già parlato chiaro, nonostante non siano ancora state perfezionate tutte le candidature.
Data la calma piatta della domenica sui mercati – nonostante un ritorno con brio di Bitcoin sopra i 27.000$, è il momento giusto per occuparsi di questa vicenda, anche al fine di limitare quel sensazionalismo che sta dominando le narrative sulle riviste dedicate a crypto e Bitcoin.
Diversi candidati pro Bitcoin alla Casa Bianca: ma che possibilità hanno di vincere?
Due premesse: presto inizieranno le campagne elettorali per le primarie, pre-elezioni che individuano i candidati alla Casa Bianca del Partito Democratico e del Partito Repubblicano negli USA. Seconda premessa: non tutte le candidature sono state rese già pubbliche.
E in realtà se ne dovrebbe fare anche una terza: ci sono almeno due candidati – uno tra i democratici e uno tra i repubblicani – che si sono dichiarati difensori di Bitcoin e del diritto dei cittadini americani di possederlo e utilizzarlo.
- Robert Kennedy Jr
Il cognome non è di quelli che passa inosservati. I Kennedy sono una delle famiglie più potenti della storia degli Stati Uniti, per quanto siano fuori dal giro giusto ormai da tempo.
- Vivek Ganapathy Ramaswamy
Candidato di area repubblicana, fondatore della compagnia bio-farmaceutica Roivant Sciences. Dal 2021 è CEO e co-fondatore di Strive Asset Management, una società di investimento che è fortemente critica degli standard ESG e propone gestione del capitale conseguente a questa forte posizione politica.
- Entrambi candidati “anti-sistema”
Innegabile che entrambi i candidati stiano cercando di proporsi all’elettorato come politici anti-sistema. Kennedy ha avuto posizioni contro-corrente rispetto alla gestione della pandemia Covid, che gli hanno fatto guadagnare anche attacchi frontali sulla stampa americana, e anche su Scientific American. Qualunque sia la posizione che si può avere su questi temi – la stampa gli ha già assegnato il ruolo di lunatic anti-sistema probabilmente non adatto a correre per la Casa Bianca.
Vivek Ramaswamy si sta proponendo come candidato super-capitalista contro un sistema dominato da ESG, crony capitalism e convergenze tra big tech e governo. Ha già detto di voler tagliare del 90% lo staff di Federal Reserve. Di posizioni che l’elettorato medio potrebbe percepire come estreme ce ne sono in realtà diverse, per quanto la corsa repubblicana vedrà certamente toni più anti-sistema dopo 4 anni di presidenza dem.
Facciamo parlare i numeri: come stanno andando nei sondaggi?
Male, anzi malissimo. Per quanto i sondaggi siano ancora molto poco affidabili a questo punto della corsa, parlano piuttosto chiaramente.
- Kennedy: nel migliore dei casi il 15%. Lo scenario è quello di una corsa a tre, tra i soli candidati che hanno già espresso la loro volontà di candidarsi – e cioè Biden, Kennedy appunto e Williamson.
In una corsa che dovesse vedere candidarsi di nuovo Sanders, Harris, Pete e Obama, Kennedy scenderebbe al 5,6% come ultimo candidato per preferenze raccolte. Non esattamente materiale che vedremo alla Casa Bianca. E nemmeno come candidato presidenziale.
- Vivek Ramaswamy
Ancora peggiore la situazione sul fronte repubblicano. Vivek Ramaswamy, per quanto anche tra i Rep non sia ancora chiaro chi si candiderà e chi no, Ramasmawy raccoglie il minimo delle preferenze. Vivek Ramaswamy raccoglie su tutti i sondaggi condotti fino a ora meno del 4% delle preferenze tra i repubblicani, battuto sia da chi ha già annunciato la propria candidatura, sia da chi, come DeSantis, non ha ancora annunciato la propria candidatura.
Anche se dovesse vincere Kennedy sarebbe un altro punto a favore di bitcoin e ci sarebbe un’informazione migliore nei riguardi della popolazione ma l’ultima parola spetterebbe alle banche che effettivamente comandano la politica e non solo negli Stati Uniti. Attualmente bitcoin è visto più come asset finanziario legato ai mercati di rischio ed è il suo mercato che attira di più. Attualmente c’è molta speculazione di breve periodo attorno a tutto il comparto, acquisti e vendite nell’arco di pochi minuti o pochi secondi. E’ difficile che il sistema bancario lo adotti perchè è molto volatile ma come asset è comunque riconosciuto e noi dobbiamo solo concentrarci su questo e stare attenti ai movimenti del mercato che attualmente ci dicono che il suo valore potrebbe scendere ancora. Quello che si potrebbe fare negli Stati in cui comandando le fiat è una simbiosi, quindi permettere a chi possiede bitcoin di poter pagare in bitcoin convertendo immediatamente il bitcoin al momento del pagamento in fiat pur sapendo che il suo valore potrebbe aumentare o diminuire a seconda delle situazioni di mercato mentre negli Stati in cui bitcoin è e sarà in futuro moneta legale la conversione non sarebbe necessaria. Ci vuole comunque ancora molta informazione ma soprattutto bisogna decidere in che direzione si vuole andare e se veramente si vuole migliorare la situazione o non cambiare nulla per difendere l’egemonia dei banchieri e delle multinazionali che ci stanno facendo il lavaggio del cervello anche con l’acqua.
Il sistema non permetterà la vittoria di candidati antisistema. Trump docet