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Arrestare i creatori di WhatsApp? Giudice pro-crypto negli USA

Le accuse del DoJ contro Roman Storm non piacciono troppo ai giudici. Un passo avanti per la libertà del settore crypto?

È una vittoria, per quanto parziale, anche del mondo Ethereum. Nel complicato procedimento penale contro Tornado Cash, il giudice Katherine Polk Failla non sembrerebbe essere granché persuasa dagli argomenti della pubblica accusa e del Dipartimento di Giustizia. In breve (e poi averemo modo di elaborare sulla questione), scrivere smart contract potrebbe non essere un reato.

La storia è quella di Tornado Cash, nato per la privacy e utilizzato, secondo le accuse del DoJ, anche da criminali che avevano interesse a far perdere le tracce e la provenienza dei loro fondi, provenienza, ça va sans dire, illecita.

Bene: il giudice ha accordato, secondo la richiesta della difesa di Roman Strom, un rinvio, aggiungendo di non essere granché convinta dell’intero impianto accusatorio. Certamente la causa non finisce qui, ma è un piccolo passo in avanti per tutto il mondo crypto. La spada di Damocle della giustizia che pende su tutti gli sviluppatori non è, non serve molto per capirlo, una situazione ideale per chi si occupa, in prima persona, di questo settore.

Scrivere smart contract è un crimine?

È questa – per quanto in modo più articolato – la tesi di fondo del Dipartimento di Giustizia. Ed è questo il centro delle accuse nei confronti di Roman Storm. A Storm si contesta infatti di aver creato Tornado Cash e di aver fondamentalmente permesso a criminali di utilizzare la piattaforma.

Un’accusa che è molto simile a quella che ha visto soccombere Alexey Pertsev in Europa, un’accusa che – per quanto in molti non abbiano ancora capito la gravità e la centralità della situazione – sarà definitoria dei prossimi anni negli USA e in Europa per il mondo crypto. E più in generale della libertà dei suoi cittadini.

La difesa ha già cominciato, inoltre, a lavorare per smentire le accuse del DoJ. Gli smart contract di Tornado Cash sono immutabili già da maggio 2020 – come riporta correttamente The Rage – e uno degli spostamenti di denaro maggiormente sotto il tiro del DoJ, quello di fondi di un gruppo di hacker nord-coreani – sarebbe avvenuto soltanto mesi dopo.

La questione è legalmente complessa e senza dubbio ci torneremo anche nei prossimi giorni, dedicandogli uno speciale non solo perché dalla libertà di Roman Storm potrebbe dipendere quella di tanti altri sviluppatori, ma anche perché sarà una questione definitoria per tanti sviluppatori che creano smart contract per la DeFi o ancora per altri tipi di servizi decentralizzati.

E allora Whatsapp?

Il giudice Failla sembrerebbe essere piuttosto sul pezzo: nel rimandare l’udienza – sottolineando come non sia comunque un indice di come andrà a decidere in futuro – ha chiesto se accusare gli sviluppatori di Tornado Cash equivalga a mettere sotto accusa i creatori di Whatsapp perché qualcuno degli utenti ha utilizzato il protocollo di comunicazione per scopi criminali.

Una domanda sulla quale speriamo che più di qualcuno ragioni, possibilmente a lungo. Anche al solo scopo di schierarsi soltanto dopo aver compreso la questione e quali sono le sue implicazioni sul futuro di tutti, anche di chi non ha mai utilizzato uno smart contract.

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